IL VOLO MAGICO

Chissà quale espressione di sbigottimento sarebbe comparsa sul volto di George Washington, simbolo della lotta rivoluzionaria americana e primo presidente degli States, nel trovarsi di fronte Gianfranco Fini ed i suoi sgherri che lo accusano di traffico internazionale di stupefacenti. Washington infatti, secondo quanto menzionato nel suo diario, coltivava personalmente la magica piantina di “Maria”, ufficialmente per scopi scientifici, più verosimilmente a scopo “ricreativo”, visto il fascino irresistibile di questo grazioso e profumato arbusto.

Certo, di cattivi maestri ne ha avuti molti il nostro Fini; ad esempio quel nano terribile di Napoleone Bonaparte, durante la campagna d’Egitto all’inizio dell’800, fece pubblicare un proclama con il quale veniva fatto esplicito divieto di fumare i fiori della canapa perché “coloro che hanno queste abitudini perdono la ragione e sono colti da delirio violento” (un caso storico di falso scientifico per coprire il timore di disobbedienza sociale). Napoleone era un dittatore; logico che la sua concezione del potere non potesse contemplare comportamenti potenzialmente antagonisti. Nell’età contemporanea, ai capetti e ai dittatorucoli si sono sostituite le democrazie parlamentari e una nuova forma di dittatura, meno violenta e sanguinaria, ma più subdola ed alienante: quella mediatica. L’Italia, la piccola Italia, è un significativo esempio di democrazia incompiuta, dove le istanze popolari sono sostituite da spot televisivi ed elettorali.

Di “emergenza droga” si è cominciato a parlare solo nel 1990, sul finire della tempesta mortale provocata dalla diffusione dell’eroina dagli anni ’70. La legge 309 del 1990 appunto, la famigerata Iervolino-Vassalli (Rosa Russo Iervolino, sindaco “progressista” di Napoli), intendeva regolare proprio questa spinosa materia; e quale metodo migliore se non la repressione, esplicitamente richiesta dal premier Bettino Craxi, di qualsiasi forma, non solo di spaccio, ma anche di consumo di sostanze ritenute illecite? Il “drogato” come pericolo per la società e quindi come delinquente a priori, questo il dogma che si voleva far passare. Ma, si sa, come direbbe papa Ratzinger, a volte “le vie del signore sono infinite”, e quel branco di pecore che sono gli italiani, di fronte ad una ingiustizia troppo palese e a migliaia di ragazzini ingabbiati per colpa del famoso spinello (termine che usiamo simbolicamente), decisero di dare voce alle ragioni di Pannella e dei Radicali, andando a votare in massa nel 1993 un referendum che, quantomeno, cancellava il concetto di dose giornaliera consentita, ripristinando la possibilità per un giudice di decidere caso per caso sulla presunzione di spaccio.

Così è stato per tredici anni, un limbo che non è riuscito a traghettare il nostro Paese verso una visione più umana, scientifica e ragionevole della questione. In una oscura notte di febbraio del 2006, collegata ad un decreto legge sulle Olimpiadi di Torino, veniva proditoriamente approvata una norma che ha reso legge l’ingiustizia: per Fini e per gli intolleranti dal cappuccio nero la droga è “Male”, il drogato un individuo privo della “Verità” che va ricondotto forzatamente sulla “Retta Via”. Un abuso di categorie oggettive che richiamano esplicitamente le norme del potere temporale religioso, un medioevo della mente e della Ragione. I nostri governanti hanno deciso di buttare nel cesso millenni di sviluppo e di conoscenze della civiltà umana in nome del controllo biopolitico delle esistenze, in una società globalizzata e post-moderna sempre più priva di valori comuni. Ecco che la proibizione della droga (qualsiasi tipo di droga, legale o illegale, leggera o pesante, fumata, iniettata o ingerita) diviene il mezzo, la scusa, per costringere all’omologazione: il sistema neoliberista si alimenta della libera circolazione delle merci e del contemporaneo controllo forzoso non solo dei corpi ma, soprattutto, delle coscienze.

Inutile mettersi a fare distinzioni tra fumo, coca, ero, chicche e acidi; la tolleranza zero fa di tutta l’erba un fascio perché il suo scopo è univoco e ben delineato. Uno spiraglio di luce nell’oscurità sta provando a portarlo il ddl di Paolo Ferrero presentato in Consiglio dei Ministri: informazione, consapevolezza, depenalizzazione del consumo per cercare di salvare giovani vite o, più semplicemente, tutelare salute e vita privata di milioni di persone. Operazione difficile in un paese in cui i tg si inventano “l’erba killer” e le tv bombardano i ragazzini con pubblicità di Bacardi, Limoncello, Campari, Mojito, birre varie e auto sempre più potenti e veloci che, puntualmente, vanno ad impastarsi contro gli alberi e i muretti di tutto il Belpaese.

Charles Baudelaire, Il teatro serafico: “l’haschisch non produce miracoli, all’infuori dell’esaltazione del naturale…L’uomo non può sottrarsi alla fatalità del suo temperamento fisico, morale: per le impressioni e per i pensieri più alti dell’uomo l’haschisch è uno specchio di ingrandimento, ma non più di uno specchio”.

02-07-2007- di domenico camodeca - fonte

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