«No agli avvisi sulle bottiglie»

Dai produttori un coro di critiche alla proposta della Turcopiacenza - Fa discutere la proposta, avanzata dal ministro della Salute Livia Turco ai produttori di alcolici, di applicare etichette dissuasive sulle bottiglie. Che dovranno riportare avvertenze sui danni e sui rischi, come quelle che campeggiano sui pacchetti di sigarette.«Si tratta di una richiesta che arriva da normative europee, ma che rischia di creare un certo allarme - osserva Giulio Cardinali, ex presidente e fondatore del consorzio vini doc di Piacenza -. Il vino, in base a studi recenti, consumato in modiche quantità fa bene alla salute. Diverso è il discorso per quanto riguarda l'abuso, ragionamento applicabile, però, a qualsiasi tipo di alimento. Anche l'uso smodato di sale o di acqua, soprattutto in questo periodo estivo, può creare danni all'organismo. Le etichette dissuasive possono spaventare, mentre il consumatore può aggiungere un giusto equilibrio nel consumo. Il vino vede 822 elementi di qualità, l'alcol è solo uno di questi e non è nemmeno l'elemento preponderante».«Noi produttori non ne abbiamo ancora parlato, ma posso dire di essere contrario alla proposta del ministro Turco - aggiunge Mario Chiesa, attuale presidente del consorzio -: applicare delle etichette dissuasive sulle bottiglie di vino, così come già fatto per le sigarette, rappresenta una limitazione in grado di dare un duro colpo ai consumi».E seguire l'esempio dei cugini d'Oltralpe? Sulle etichette francesi figura l'immagine stilizzata di una donna incinta, incorniciata dal simbolo di divieto. «Siamo in ritardo rispetto alla riforma dell'Unione Europea, che prevede un adeguamento per i controlli - replica Chiesa -, ci preoccupa la situazione del mercato, che sta affrontando una fase ciclica delle vendite. E non si può equiparare il consumo di vino al fumo».Positivo invece il giudizio di Marinella Cantarini, presidente provinciale dell'Associazione Club alcolisti in trattamento. «Le etichette possono rappresentare un deterrente - dice - essere d'aiuto alla lotta contro l'abuso di alcol. Ma di certo non sono sufficienti, devono essere affiancate da un'efficace campagna di prevenzione. Gli alcolisti arrivano nei nostri club da noi a 40 - 50 anni, quando scoppia la "crisi", il lavoro, la famiglia vanno a rotoli, e non è più possibile negare l'esistenza di un problema che ha iniziato però a manifestarsi ben prima - sottolinea la presidente Acat -. Si inizia ad abusare di alcolici da giovani, magari in discoteca, pensando di non farne un uso smodato o comunque di poter smettere quando si vuole. Secondo il nostro programma è invece uno stile di vita sbagliato, che va modificato insieme ai propri familiari».

p.pin - 23.07.07 - liberta.it

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