“Sono l’unico membro della banda vivo e libero”

SÃO LUIS, Brasile, 6 agosto 2007 (IPS) - Avevano quasi tutti 15 o 16 anni quando hanno fondato la banda "Falta de Deus" (mancanza di Dio), nome scelto perché “eravamo tutti contro Cristo”. Dei 25 membri, 10 sono morti e 14 sono in carcere. “Io sono l’unico ancora vivo e libero”, racconta il ventiduenne Elias da Silva.

Tra i nomi delle violente bande giovanili che hanno iniziato a moltiplicarsi negli anni ‘90 a São Luis, capitale dello stato di Maranhão, nel nord-est del Brasile, vi sono “Messaggeri dall’inferno”, “Organizzatori della mente”, “Anatre pazze” e “Notturni terribili”.

Cinque degli affiliati al gruppo di Silva erano ragazze, due delle quali sono morte. Il gruppo aveva poche armi da fuoco, e usava anche coltelli e machete per derubare e rapinare, o nelle battaglie con gruppi rivali, dove hanno perso la vita 10 membri di Falta de Deus e non si sa quanti ragazzi delle altre bande.

”Io stesso sono stato pugnalato allo stomaco, e ho trascorso diversi giorni in ospedale”, racconta Silva.

Le bande di adolescenti, una forma di socializzazione spesso aggressiva, sono comuni in tutte le grandi città del Brasile, ma non raggiungono i livelli di violenza e criminalità di São Luis.

Le crudeltà delle bande e le loro guerre per il territorio ricordano le lotte tra gruppi rivali nella città colombiana di Medellín degli anni ‘80 e ‘90. Le bande rivali sono state smembrate e le loro parti seppellite “nel mezzo di un’euforia ritualistica, alimentata da alcol e droga”, racconta Silva.

”Avevamo dei piani per dominare una parte dell’area di Villa Bessa”, dove il gruppo aveva il suo quartier generale, e “talvolta godeva del sostegno dei trafficanti di droga”.

Il numero e la forza delle bande sembra siano diminuiti negli ultimi anni; ma la polizia di São Luis ha registrato 329 crimini commessi da minori nella prima metà del 2007, tra cui 23 omicidi. Nella maggior parte dei casi, non c’erano adulti a guidare gli adolescenti, contrariamente ai reati legati al traffico di droga nei quali sono coinvolti gli adolescenti.

Le ragioni per cui i giovani si ribellano ed entrano nelle bande sono diverse. “Molti vanno a vivere per strada a causa dei maltrattamenti nelle loro famiglie”, dice Silva, nato a Brasilia e presto “abbandonato davanti alla porta di un ospedale”. Dopo aver trascorso 14 anni in orfanotrofio, è ricomparso suo padre, che l’ha portato a São Luis. Non ha mai conosciuto la madre e non sa cosa le sia successo.

Silva racconta che suo padre beveva molto e spesso lo picchiava, e dice che una volta lo ha costretto a bere tanto da provocargli un coma alcolico.

Silva non sa nemmeno cosa sia successo alla sua matrigna e alla sorellina, consegnata ad una donna che è poi scomparsa.

L’unica possibilità che aveva era la strada, e la vita delle bande.

Dopo diversi arresti e torture per mano della polizia, dopo aver sofferto la fame per strada e assunto droghe di ogni tipo, Silva, ormai logorato, ha capito di dover “prendere un’altra strada”.

I cambiamenti sono arrivati gradualmente. Matraca, un’agenzia di stampa brasiliana che si batte per i diritti dell’infanzia, lo ha invitato, grazie alle sue qualità di leadership, ad entrare in una rete nazionale di giovani creata per fare pressioni e controllare le politiche pubbliche legate a bambini e adolescenti.

”Ho scoperto una nuova vita”, ha detto.

Silva attribuisce il suo recupero anche alla speciale attenzione ricevuta nella Fundação da Criança e do Adolescente do Maranhão (Fondazione per bambini e adolescenti - FUNAC), ente governativo che si occupa di bambini abbandonati e minori detenuti per azioni criminali, cercando di “riabilitarli” attraverso “misure socio-educative”.

La reputazione di FUNAC varia da stato a stato, ma in generale si ritiene che venga meno alla sua missione. Il suo nome è stato coinvolto in abusi, e i detenuti spesso organizzano sommosse e fuggono.

A 18 anni, Silva non aveva più i requisiti per ricevere assistenza dal FUNAC.

”In Brasile non ci sono politiche per i giovani”, denuncia Marcelo Amorim, capo di Matraca.

Silva ha accettato di essere ammesso alla Fazenda da Esperança di Coroatá, a 250 chilometri dalla città di São Luis, un centro di riabilitazione per tossicodipendenti gestito dalla Chiesa Cattolica.

”Quando sono arrivato pesavo solo 50 chili, oggi peso 98”, racconta Silva, alto 1 metro e 85, sopra la media della popolazione locale.

Dopo quasi tre anni di trattamento, non ha nessun interesse a tornare verso un passato segnato da “una tale, incredibile, sofferenza”. Da quando la sua riabilitazione è finita, Silva ha condiviso le sue esperienze con un gruppo di sostegno di São Luis, per aiutare altri giovani ad uscire dalla droga.

Tuttavia, corre il rischio di perdere il lavoro, perché l’azienda per cui lavora è sull’orlo della bancarotta. Avendo lasciato la scuola in prima media, non sarà facile per lui trovare un altro impiego.

Silva si trova poi di fronte a un’altra minaccia, che dovrebbe essere solo un ricordo del passato, dato che la banda ormai si è sciolta. “Avevamo l’accordo che non avremmo mai lasciato la banda”, e la punizione per i disertori sarebbe stata la morte, racconta Silva. “Io sono stato l’unico ad andare via”, aggiunge.

A São Luis hanno continuato a nascere nuove bande, e negli ultimi anni il numero di adolescenti coinvolti non sembra essere diminuito, dice Ana Carolina Alves, un’operatrice sociale che lo scorso anno ha lavorato sui rapporti della stampa relativi alle bande giovanili, per scrivere la sua tesi di laurea.

Le sue conclusioni si basano anche sulla sua esperienza come praticante nell’ufficio del pubblico ministero, dove ha visto coinvolti nella criminalità molti adolescenti provenienti dalle favelas di periferia.

Tuttavia, non esistono studi sul tema, né statistiche affidabili, denuncia Alves, ammettendo che comunque il problema delle bande è diminuito nei quartieri dove sono state avviate specifiche attività anti-bande.

È il caso di Coroadinho, considerata una delle aree più violente di São Luis. Il quartiere è infatti diventato una priorità per il segretariato di stato sulla sicurezza dei cittadini, che applica il suo nuovo metodo di lotta alle bande basato su dei piani locali delineati grazie al dialogo con la comunità locale, rappresentata da un consiglio per la difesa sociale.

Coroadinho, costituita da 17 comunità povere che ospitano circa 75.000 persone, lo scorso giugno ha festeggiato quattro mesi senza omicidi.

Quasi tutto il merito per la riduzione della violenza nel quartiere va al Projeto Paz Juvenil, coordinato da Claudett Ribeiro, un’educatrice che ha collaborato alla creazione dell’ente non governativo Instituto da Infância (IFAN).

Il progetto è attivo nell’area dalla fine del 2004, quando un sondaggio aveva identificato nove bande giovanili con sede in specifiche comunità o strade di Coroadinho.

Questo progetto di pace per i giovani ha promosso seminari, sondaggi, corsi e un laboratorio letterario, organizzati dai membri delle bande e rivolti a loro.

Il Projeto Paz Juvenil ha portato un nuovo ottimismo, e la speranza che è possibile superare il problema della violenza nel quartiere attraverso un nuovo approccio sul tema, non più visto come una questione che riguarda esclusivamente la polizia o l’applicazione della legge, ma come un fenomeno sociale più ampio. Il nuovo metodo ha dato voce anche ai giovani, aiutando a superare lo stigma e il pregiudizio diffuso tra i membri delle bande.

Le lotte tra bande a Coroadinho, 226 delle quali si sono sviluppate nella prima metà del 2004, sono scese a 10 nello stesso periodo di quest’anno, come riferiscono le ricerche di IFAN basate su documenti della polizia militare.

Il quartiere “è ancora estremamente violento, ma è molto migliorato negli ultimi due anni”, riferisce una commerciante locale che vive qui da 15 anni e dà solo il suo nome di battesimo, Cristina.

Ora la polizia è aumentata, e così anche un ampio spettro di azioni sociali, “soprattutto quelle intraprese da Claudett Ribeiro”, eccellenti anche se realizzate su piccola scala, aggiunge Cristina.

Un giudizio analogo è stato espresso dal sergente França, abitante di Coroadinho e per 20 anni membro della polizia militare; França sostiene che la droga sia la causa principale della delinquenza giovanile, aggravata dalla maternità nelle adolescenti e dalla carenza di scuole, attività e spazi ricreativi, cause che “spingono i più giovani sulla strada”.

Altre iniziative, come una maggiore presenza della polizia, azioni comunitarie, e un centro di formazione professionale, hanno contribuito a ridurre i livelli di criminalità a Coroadinho, ma il progetto di pace giovanile è stato il solo a coinvolgere direttamente i giovani membri delle bande, che per molti dovevano rimanere “invisibili”, secondo Ribeiro.

L’aspetto del progetto che ha avuto il maggiore impatto è stato un laboratorio di scrittura, che ha organizzato concorsi per racconti brevi, poesia e testi di hip-hop, consentendo ai giovani di esprimersi, discutere collettivamente diverse questioni, e migliorare la loro autostima e le relazioni interpersonali.

La maggior parte dei partecipanti apparteneva a bande giovanili, o si trovava nella loro zona di influenza.

Dal laboratorio di scrittura è venuta fuori la Revista Literária Portal do Coroadinho, cui hanno partecipato 68 giovani. É stata pubblicata dai partecipanti al laboratorio, che hanno anche promosso una campagna per la raccolta di rifiuti solidi nella comunità e un sondaggio sui giochi tradizionali.

Il risultato più promettente del progetto di pace giovanile, secondo Ribeiro, è la recente “associazione di giovani volontari per la pace”.

L’obiettivo iniziale del primo presidente della nuova associazione, Marcos Santana da Silva, era solo quello di far conoscere i giovani tra loro, per superare le barriere imposte dalle bande all’interno del quartiere.

Tra gli altri obiettivi, quello di aprire opportunità di lavoro e promuovere corsi ed eventi sportivi e culturali.

Santana, che ha vinto diversi premi nel laboratorio letterario del progetto, sostiene di non essere mai caduto nella “trappola della violenza“, ma racconta che lui e il suo compagno nel gruppo, José Ribamar Mendes, hanno fratelli e amici che si sono “persi” per droga e violenza, o sono rimasti uccisi da pistole e machete.

Mendes, per esempio, evita le feste da quando è stato vittima di un attentato con una pietra che gli ha lasciato una cicatrice sul viso.

Il progetto di pace giovanile, che ha lavorato direttamente con circa 1.000 adolescenti, propone un’alternativa basata sulla comunità, centrata sulla prevenzione e guidata dall’energia degli stessi giovani, in modo che il processo di recupero non sia solitario e doloroso, come è stato per Elías da Silva.


Mario Osava - 06/08/07 - ipsnotizie.it

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