Pensioni. Proclami e rinvii È lo stesso film di dieci anni fa

Massimo D’Alema: «Non è sostenibile il modo in
cui funziona il sistema delle pensioni di anzianità». Fausto Bertinotti: «D’Alema
ha torto. L’attacco alle pensioni di anzianità non è fatto a favore dei giovani
ma contro i giovani e gli anziani». Sembra di sentirli oggi - il D’Alema che
difende lo scalone e il Bertinotti che lo piccona - invece sono dichiarazioni
stagionate. Risalgono giusto a dieci anni fa, quando si consumò il primo scontro
sulle pensioni nell’Ulivo al governo. Stessi protagonisti ma più giovani, stessi
argomenti ma più credibili.

Un film già visto. E fa un certo effetto riavvolgere la pellicola fino al maggio
1997. Titoli di testa: l’Ulivo è al governo da un anno. Voce fuori campo di D’Alema
che annuncia: «Nella finanziaria misure strutturali in materia di pensioni». E
qui comincia il film. Rifondazione fa muro. C’è un cameo di Franco Giordano: «D’Alema
esprime una logica perversa». Dietro una pipa spunta il leader del Ppi Franco
Marini: «Qui il sistema non regge più». La tensione sale, pare arrivare la resa
dei conti e gli spettatori trepidano quando Prodi minaccia: «Se si ritoccano le
pensioni, mi dimetto». Ma non se ne fa nulla. Niente riforma, niente scontro
finale. Fine primo tempo.

L’intervallo dura poco più di un anno. Poi Baffino ci riprova. Questa volta non
dal Botteghino, ma direttamente da Palazzo Chigi, dove nel frattempo ha scalzato
Prodi. Prima saggia il terreno: «Nel sistema pensionistico del nostro paese ci
sono ancora anomalie e nicchie di privilegio che vanno corrette». Perde le
elezioni amministrative (e il Comune di Bologna) ma non si scoraggia: «Le
pensioni non c’entrano». Anzi, rilancia. Avverte l’Ulivo: «Meglio fare la
riforma subito e non sotto elezioni nel 2001». A Firenze convoca un summit
mondiale dei leader progressisti. Scenografia da kolossal, cast hollywoodiano:
da Clinton a Blair, da Schröder a Jospin. Tema del convegno: «Riformismo nel XXI
secolo». Svolgimento di D’Alema: «Indicare per la bellissima riforma delle
pensioni di Dini la scadenza del 2020 non ha risolto il problema. Bisognerà
discutere di come rendere queste scadenze più vicine. Non è un lavoro facile, ma
ce la faremo».

E la trama delle riforme mancate si dipana ancora una volta. Plaudono l’avvocato
Agnelli e l’ingegnere De Benedetti. «La riforma non si tocca», tuona il leader
della Cisl Sergio D’Antoni (sì, è lo stesso attore ora nei panni di
sottosegretario nel governo Prodi). Il copione prevede un paio di battute di
Bertinotti: «D’Alema è asservito ai poteri forti» e - più efficace - «D’Alema
quando vede Clinton si esalta: una volta va in guerra nei Balcani, l’altra volta
va in guerra contro le pensioni». Ma a prendere la scena è Sergio Cofferati,
leader della Cgil. Parla con tono irremovibile: «È sbagliato immaginare un
anticipo della verifica che dobbiamo fare nel 2001». Stravince. D’Alema, isolato
anche nei Ds, è costretto alla retromarcia: «Verifica nel 2001». Poi perde le
elezioni e si dimette. Arriva il 2001 ma della verifica sulle pensioni non si
ricorda più nessuno. Film senza lieto fine: la riforma non si fa. Ma mentre
scorrono i titoli di coda, gli sceneggiatori già lavorano al remake del 2007.


di Giuseppe Salvaggiulo - domenica 08 luglio 2007 - ilgiornale.it

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