L'ultimo volo di David ucciso dall'odio dei bianchi

Un anno fa il suo caso era diventato il simbolo delle divisioni razziali in America. Dopo la violenza e trenta operazioni, il suicidio

WASHINGTON - Una vicenda che ha sconvolto l'America è giunta ieri a una tragica conclusione. Un ragazzo ispanico di 18 anni, violentato nell'aprile del 2006 da due skinhead al grido di «Potere bianco!», si è suicidato domenica scorsa buttandosi in mare dalla tolda di una nave di David Ritcheson (Ap) crociera. Si chiamava David Ritcheson, era stato sodomizzato con un ombrellone dopo una notte di alcol e droghe, e aveva subito 30 dolorosi interventi chirurgici, l'ultimo dei quali 45 giorni fa, senza peraltro recuperare appieno le sue funzioni. Per 15 mesi aveva nascosto le sue feroci ferite fisiche e mentali, giocando e studiando coi compagni a Houston nel Texas come un ragazzo normale e parlando di un futuro al servizio della comunità. L'Antidefamation league, un'associazione contro i crimini razziali, gli aveva donato una borsa di studio all'università, e il Congresso lo aveva invitato a Washington a testimoniare a favore di una legge per l'integrazione. Ma la violenza aveva lacerato anche la mente e il cuore del giovane ispanico.

Partito sabato mattina dal porto di Galveston sulla nave Ecstasy con due amici e i loro genitori per una crociera nel Golfo del Messico, David Ritcheson si è tolto la vita la notte successiva. Non ha lasciato lettere, non ha trasmesso messaggi, non ha voluto confidarsi con nessuno. La Guardia costiera ne ha miracolosamente ritrovato il cadavere alcune ore più tardi.

A causare l'atroce attacco dei due skinhead, Henry Tuck allora diciottenne e Robert Turner, di un anno più giovane, era stato uno stupido approccio di Ritcheson alla sorella del primo, di 12 anni. I due giovani bianchi si erano scagliati sull'ispanico. L'hanno preso a calci, sodomizzato e bruciato con dei mozziconi di sigarette mentre urlavano epiteti razzisti. «Erano fuori di senno, tutti avevano bevuto e preso droghe, David compreso» ha riferito Carlos Leon, l'avvocato difensore di David. Portato in ospedale in preda a terribili sofferenze, David ne era uscito tre mesi più tardi, incominciando un lungo calvario conclusosi solo alla fine dello scorso maggio. Al processo, il procuratore Mike Trent aveva ottenuto e chiesto il massimo della pena: l'ergastolo per Tuck in quanto maggiorenne, e 90 anni di detenzione per Turner. «David non aveva gioito molto della sentenza» ha ricordato l'avvocato. «Aveva chiesto giustizia, ma diceva di rendersi conto che i suoi due torturatori si erano rovinati la vita». Né la famiglia, né gli amici, né i medici avvertirono quale dramma maturasse nel ragazzo ispanico.

In pubblico, David non tradiva le sue menomazioni né il suo tormento. Aveva smesso di bere e prendere droga ed eccelleva negli studi. Ha commentato Martin Kaminsky, il direttore dell'Antidefamation league: «Ci sentivamo commossi e ottimisti, il suo coraggio e la sua determinazione destavano l'ammirazione di tutti». Ma David non riusciva a liberarsi dell'incubo patito, glielo ricordavano le cronache e la gente che si fermava a parlargli. «Forse si vedeva come un uomo segnato per sempre - ha proseguito Kaminsky - forse non gli abbiamo prestato abbastanza attenzione, sebbene fosse in cura presso alcuni psichiatri». Quando chiese di andare in crociera, la famiglia non si oppose, pensò anzi che fosse una svolta per il meglio. E invece David doveva avere raggiunto una conclusione: che occorreva farla finita. Così, da solo, nella notte, si è gettato nelle acque del Golfo del Messico. A Washington, l'Fbi, la polizia federale, ha aperto un'inchiesta sul suicidio del ragazzo. E Sheila Jackson Lee, la deputata democratica del Texas, lo Stato del presidente Bush, la donna che lo aveva chiamato a testimoniare al Congresso, ha pianto alla notizia del suo suicidio. «Approveremo la legge per cui si è battuto - ha detto - e la chiameremo la Legge di David».

Ennio Caretto - 04 luglio 2007 - corriere.it

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