Scuola: voglia di disciplina

Nel suo recente pamphlet intitolato “Elogio della disciplina” il filosofo e pedagogista tedesco Bernhard Bueb sostiene: “Avere il coraggio di educare significa prima di tutto avere il coraggio di esercitare la disciplina. La disciplina è il figlio non amato della pedagogia e tuttavia costituisce il fondamento dell'intera educazione. La disciplina incarna tutto ciò che gli uomini detestano: coercizione, sottomissione, rinuncia forzata, repressione dell'istinto, limitazione della propria volontà individuale. Al principio del piacere la disciplina sostituisce il principio del profitto: viene permessa o persino imposta qualunque restrizione finalizzata al raggiungimento di uno scopo prefissato”.

Sono parole che in qualche modo disegnano i confini di un problema molto serio nel quale si sta imbattendo la nostra collettività (e la scuola in particolare), troppo abituata ad un permissivismo che non ha portato frutti, ma solo disastri. E' recente la proposta del Ministro della Salute Livia Turco di inviare ispezioni a tappeto dei Nas nelle scuole di tutta Italia per arginare l'allarme droga, soprattutto per quanto riguarda lo spaccio tra gli studenti di licei e istituti tecnici italiani. Allarme che desta sempre più preoccupazione dopo che lo scorso 16 maggio un ragazzo di 15 anni è morto in classe per un malore: all'intervallo avrebbe fumato con alcuni compagni uno spinello nel quale si teme sia stata inserita una sostanza altamente tossica.

Allarme sorto anche per la vicenda del preside di un liceo di Torino che, con una lettera, ha chiesto ai carabinieri di fare un sopralluogo nella scuola: alcuni dei suoi alunni erano stati male e temeva facessero uso di sostanze stupefacenti. Da notare che per il Ministro Turco, alla faccia della coerenza, non c'è contraddizione tra raddoppiare la quantità massima di cannabis consentita per uso personale e mandare i cani antidroga nelle scuole. Ad ogni modo, le domande urgenti che emergono da queste vicende sono le seguenti: la disciplina è una risposta alla emergenza educativa? Qual è il rapporto tra disciplina ed educazione? E' legittimo proibire qualcosa senza ledere la libertà altrui? Non è qui il caso di scrivere un trattato, ma di registrare alcune tendenze e offrire una prospettiva di lavoro.

Dunque il richiamo agli estremi rimedi sembra essere tornato di moda presso una certa cultura di sinistra che usa distinguere tra pubblico, dove comanda lo Stato, e privato, dove il singolo può fare quello che vuole purché non danneggi troppo gli altri. Questo è il punto. La prospettiva della Turco, per quanto derivi da uno sguardo disincantato di fronte alla situazione, è una risposta statalista di fronte ad un problema di carattere educativo. Giustamente il suo collega Fioroni, Ministro della Pubblica Istruzione, le ha ribattuto: “L'azione educativa è prioritaria; dobbiamo prima di tutto rendere i ragazzi consapevoli dei rischi che corrono con l'uso di alcol e droga”. Su questa stessa lunghezza d'onda il giornalista e commentatore di problemi educativi Barbiellini Amidei: “Bisogna fare due cose: muoversi contro lo spaccio con un taglio di emergenza pubblica e prendere consapevolezza che il punto essenziale riguarda il perché i ragazzi si drogano”.

L'educazione non è però una filosofia, implicando l'esperienza del coinvolgimento di tutta la persona con una proposta di cambiamento della vita: la disciplina e le regole sono sottese alla decisione di aderire.

La disciplina è funzionale allo scopo, così come è necessario seguire i passi di una guida per salire in montagna. Alcuni suggerimenti. Primo: chi accetta il gioco deve accettare anche le regole. Secondo: le regole vanno fatte osservare in funzione del gioco. Terzo: occorre valorizzare e sostenere chi nella scuola, nella famiglia e nella società già si sta assumendo la responsabilità di farsi carico dell'umanità altrui.

Ermanno Poli - 04-07-2007 - dilloadalice.it

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