Chi digerisce questo pasticcio

Quatto quatto, Romano Prodi sembrava avere ormai il sorcio in bocca: un complicato pasticcio tra Rifondazione e Cgil aveva consentito all’estrema della coalizione e allo storico sindacato della sinistra di dare il via libera alla schifezzuola sulle pensioni.

Nei piani prodiani, concordati punto per punto con cigiellini e rifondaroli, si abbassava l’andata in pensione di anzianità da 60 a 58 anni: unico caso in Europa. Si inventavano centinaia di migliaia di lavori usuranti preparando una grave crisi nei sindacati, dove «usurati» per meriti politici avrebbero dovuto convivere nel futuro con non usurati non protetti dalla politica. Un saggio sindacalista come Luigi Angeletti ha colto al volo l’enorme pericolo di una simile scelta e ha deciso di rispondervi in modo surreale insistendo sul lavoro usurante delle maestre di asilo. Si prevedevano, poi, quote fumose da far scattare nel 2010 o 2011. Si diceva che tutto era coperto finanziariamente dalla fusione o dalla razionalizzazione degli enti previdenziali e dall’aumento dei contributi dei parasubordinati: due imbrogli per prendere in giro Bruxelles. C’era poi, naturalmente, il «taglio dei costi della politica», oggi molto di moda. Ecco l’immondo pasticcio pronto ad andare in forno, condito con la paura che il ceto politico del centrosinistra anche riformista ha per una crisi di governo.

Forse, però, il pasticcio andrà di traverso a Prodi. L’ostacolo principale è stato posto dal limpido, ineludibile ragionamento di Mario Draghi che ha chiesto all’esecutivo di fare esattamente il contrario di quello che si stava apprestando a fare. Sulla base di questo ragionamento si è messa in movimento anche una riformista a lungo in sonno (profondo) come Emma Bonino che ha annunciato che non starà in un governo che gioca sull’avvenire dell’Italia. Forse lo stesso Francesco Rutelli sarà costretto a smentire il mariniano Giuseppe Fioroni che ha definito le posizioni «riformiste» del vicepremier «ruggiti di carta». Forse la vuota retorica veltroniana sui patti generazionali impedirà al futuro leader del partito democratico di sfilarsi come al solito dal merito dei problemi. Forse persino la Confindustria farà il suo mestiere, difenderà gli interessi generali delle imprese e butterà all’aria un tavolo di trattative cigiellinocentrico con Palazzo Chigi che la umilia giorno dopo giorno.


Prodi, per salvarsi ancora per qualche mese, ha un’unica carta: cacciare l’Italia in una palude di compromessi deteriori e di intrighi. Sperando che una generale disperazione stemperi la protesta sempre più diffusa della società italiana. Così a occhio, però, i giorni del suo governo sono contati. E il pasticcio delle pensioni potrebbe spingere chi anche nella maggioranza ha più attenzione ai problemi del Paese che a quelli suoi propri, a spegnere la luce di un’avventura ormai priva di prospettive.


di Lodovico Festa - mercoledì 18 luglio 2007 - ilgiornale.it

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