Caso pedofilia, ecco le motivazioni

Sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo che ha visto l'assoluzione di sei maestre, un bidello e un sacerdote accusati di abusi sessuali su bambini di una scuola materna bresciana.

Il testo redatto dai giudici del tribunale di Brescia parla di ''intrinseca inaffidabilità delle fonti orali poste a fondamento delle accuse”, “adulti emotivamente coinvolti e spinti, al momento dell’approccio con il bimbo, da timori ed ansia di conoscenza” e parlando delle argomentazioni del pubblico ministero, di “considerazioni fondate su giudizi probabilistici, anzichè su elementi in grado di resistere ad ogni dubbio”.

Un documento lungo 538 pagine, con le motivazioni alla sentenza dell’aprile scorso, nel quale i giudici spiegano inoltre che: “la valutazione del portato dei minori è stata ulteriormente complicata, in concreto dalle reciproche interrelazioni intercorse tra i genitori, i quali comprensibilmente allarmati dal diffondersi di notizie circa i presunti abusi, si sono, tuttavia, di fatto sostituiti agli organi inquirenti, sottoponendo in molti casi i figli a serrati interrogatori, condotti con metodologie inappropriate e in un contesto emotivamente connotato”.

Secondo i giudici bresciani, può “osservarsi che, alla luce delle risultanze dibattimentali, plurimi elementi segnalano, effettivamente, la formazione e la condivisione, fra i genitori dei bambini coinvolti nel processo, di una verità collettiva circa la realtà dei fatti di abuso, la cui origine remota può essere individuata nella conoscenza da parte di un genitore della vicenda dell’asilo Abba e nella correlativa amplificazione delle stravaganti affermazioni rese dalla figlia il 16 e il 18 maggio 2003”.

L’istituto a cui si fa riferimento è l’altra scuola materna bresciana che è stata al centro di una vicenda di pedofilia. In questo caso un bidello è stato condannato anche in secondo grado. Altro passaggio importante nelle motivazioni della sentenza è quello relativo alle considerazioni del consulente dell’accusa, che ha sottolineato come “soprattutto a seguito di riunioni in cui vi sia stato l'intervento di soggetti considerati particolarmente autorevoli, possa determinarsi nei genitori la convinzione che il proprio figlio sia stato oggetto di abuso sessuale e come, in presenza di tale convinzione, soprattutto ove emerga nell’ambito di un gruppo, una figura di riferimento, possa verificarsi un fenomeno di 'colonizzazione mentale’, suscettibile di determinare una progressiva diffusione della credenza tra gli adulti e di alterare il loro approccio nei confronti dei figli”.

I giudici hanno anche scritto che “sono emersi prepotentemente i presupposti per la compromissione della spontaneità dei bambini”. In quanto alla fase investigativa e agli interrogatori, hanno tra l’altro affermato che “l'esame è stato spesso condotto con domande altamente suggestive, persino corredate dell’intimazione a dire la verità, rivolta ai piccoli di fronte a negazioni ritenute non credibili”.

giovedì 05 luglio 2007 - quibrescia.it

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