Il Sert a guardia dei cittadini o della legge?

Riguardo al Test antidroga per i lavoratori

OVVERO LA CANNABIS SARÀ COME L'ALCOL PER I LAVORATORI?

E’ bene che i lavoratori impegnati in compiti di responsabilità per la sicurezza dei cittadini siano liberi dall’influenza delle droghe (alcol incluso, ovviamente).

Dopo 17 anni dalla Legge 309/90 che ne prevedeva l’emanazione, il provvedimento che impone e regolamenta l’effettuazione degli accertamenti tossicologici per determinate categorie di lavoratori è di nuovo nell’agenda politica. E’ una scelta di civiltà, tesa a garantire la sicurezza di chi si affida ad un pilota, autista, vigile del fuoco, etc.
Prima che l’iter normativo sia completato, vorrei fare qualche considerazione sul rischio che, dati i tempi, le soluzioni possano essere affidate ad una deriva ideologica, poco idonea a rispondere alle angosce della società, ma certamente idonea ad angosciare la vita di numerosi lavoratori.Prendiamo in considerazione alcuni casi concreti: dapprima uno facile.
Un lavoratore risulta positivo all’alcol: alcolemia 0,20 g/l, inferiore, per intenderci, alla soglia stabilita per le sanzioni dal codice della strada. All’esame clinico conferma di fare uso abituale di alcolici a pasto. Non emergono elementi significativi di dipendenza o abuso, per cui può tornare al lavoro.Veniamo ora al caso di una persona con alcolemia superiore a 0,50 g/l.
Poniamo che nel corso del colloquio clinico a questo si aggiunga la difficoltà a controllare l’uso degli alcolici. Viene emessa la diagnosi di abuso/dipendenza. Il lavoratore viene spostato ad altra mansione. Nel frattempo il SerT imposta un programma terapeutico al completamento del quale il lavoratore potrà tornare alla sua mansione abituale.

Passiamo a sostanze diverse dall’alcol.

Prendiamo il caso di un autista di autobus che risulta positivo agli accertamenti per la cannabis. Poniamo che dagli accertamenti e verifiche cliniche si confermi l’utilizzo della sostanza.

La persona in questione, consapevole degli effetti prodotti dalla cannabis, riferisce di confinare il suo utilizzo a situazioni occasionali: la sera, dopo il lavoro.
Non si rileva la presenza di dipendenza, né di abuso. Sarà sufficiente che il SerT certifichi l’assenza di malattia e la non interferenza con l’attività lavorativa dell’uso della sostanza perché la persona possa continuare il suo lavoro?
Ne dubito. Si potrà fare riferimento a soglie (concentrazioni della sostanza nel sangue), in analogia a quanto avviene per l’alcol, che aiutino a valutare la rilevanza dell’alterazione psico-fisica indotta dalla cannabis?
Ne dubito.

Temo invece che verrà esteso al lavoratore in questione un percorso simile a quello riservato alle persone inviate ai SerT dalle Prefetture perché scoperte a fumare uno spinello: l’applicazione di una penalizzazione fino al completamento del programma di recupero. Nel caso dell’autista di autobus ci sarà la sospensione dal lavoro/mansioni svolte fino al completamento della terapia di recupero elaborata dal SerT: in assenza di diagnosi, di patologia e di interferenza con il lavoro.

L’autista in questione sarà uno dei tanti. Poiché l’utilizzo della cannabis riguarda il 12% della popolazione, il rischio di impiegare risorse e personale per trattare malattie che non ci sono aumenterà, così come si aggraverà il danno morale e materiale per il cittadino, lavoratore in questo caso, inutilmente esposto ad un percorso stigmatizzante.

Si possono prefigurare percorsi alternativi, pragmaticamente rivolti ad evitare l’impatto negativo delle sostanze psicoattive sulla sicurezza della collettività, ma nel rispetto dell’ambito di vita privata del lavoratore? Sicuramente si. L’esperienza di altri Paesi dimostra, ad esempio, l’efficacia, in termini di riduzione dell’uso di sostanze psicoattive, dell’effettuazione degli esami tossicologici all’interno di programmi articolati di sensibilizzazione ed educazione sull’abuso di sostanze nel posto di lavoro. Perchè non discuterne, magari con i lavoratori?

C’è un altro aspetto che voglio considerare: riguarda la credibilità della funzione sociale e sanitaria del SerT e l’efficacia complessiva della sua azione. Il progressivo aumento del carico dovuto alla delega di funzioni di controllo, associato nella legislazione attuale a prescrizioni che non distinguono fra condizioni mediche diverse, ma uniformano l’uso alla dipendenza, avvalla surrettiziamente la possibilità di mettere in campo terapie contro l’uso, come se si trattasse di condizione patologica.

Il superamento “ope legis” di funzioni di diagnosi e valutazioni di prognosi di natura chiaramente tecnica svilisce e dequalifica la funzione del Sert, delegato a guardiano della legge piuttosto che della salute dei cittadini.

di Pier Paolo Pani* - 05-07-2007 - antiproibizionisti.it

(*) Presidente S.I.T.D. (Società Italiana Tossicodipendenze)

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