Rogo a Marghera, torna la paura

MARGHERA. Ore 11.46, incendio alla «Polimeri Europa», una densa nube di fumo crea il panico in città, sulle isole, in Riviera e nel Miranese. Ennesimo incidente all’impianto dei cracking dell’etilene che oltre a far scattare l’«allarme giallo» del sistema di allertamento della popolazione riaccende le mai sopite polemiche sugli impianti obsoleti della chimica di Porto Marghera. Sull’accaduto il pm di turno Carlo Mastelloni ha aperto un’inchiesta.

Negli scarni comunicati dei tecnici si legge che a prendere fuoco è stato un cassone di olio lubrificante dei compressori di processo nell’impianto «cracking CR1-3» per la produzione di etilene e propilene. Da quanto si è appreso, dell’olio sarebbe uscito da un compressore ed è finito su un tubo che trasporta vapore ad alta temperatura: da qui l’incendio. Il rogo ha causato il blocco dell’impianto ed è subito scattata l’accensione delle torce di sicurezza che servono a bruciare i prodotti di processo, in modo che non si espandano nell’aria e non danneggino lavoratori e cittadini. Ma una di queste, come era successo per un’altra il 20 giugno, non ha funzionato alla perfezione causando un’altra nube di fumo. Allarme su allarme e centinaia di telefonate di gente allarmata, ai centralini di forze dell’ordine e Comune. Poi, mentre diverse squadre dei vigili del fuoco interni ed esterni allo stabilimento iniziano le operazioni di spegnimento il panico corre sul filo degli sms. Madri che cercano i figli e mariti che consigliano di chiudersi in casa. Di chiudere tutto. A mezzogiorno e qualche minuto l’incendio è sotto controllo, alle 12.25 è stato spento. In quel momento lo schiumogeno ha soffocato il focolaio. Ma è la torcia, la più grande delle due, che continua a creare paura. Infatti brucia male. E quel fumo nero che si dipana dalla sua fiamma vola verso il centro storico ed è pure visibile da decine di chilometri. Non è un’immagine tranquillizzante.

Puntualmente sul sito del Comune vengono pubblicati i comunicati della Protezione civile che continua a monitorare la situazione assieme ai vigili del fuoco e ad Arpav sino al riavvio dei processi di produzione. La Protezione Civile conferma comunque che non vi sono stati problemi per la popolazione. Ma serve a poco, la gente non è tranquilla. Del resto chi si trova fuori casa non ha certo la possibilità di verificare in rete le comunicazioni. Le voci più disparate fanno il resto. I tecnici dell’Arpav, mentre i pompieri continuano a raffreddare con la schiuma il luogo dell’incendio consumando bombole e bombole di oggisegno per gli autorespiratori, raccolgono i dati sulla ricaduta di inquinanti in aria e a terra.

E’ ancor l’Arpav che spiega come mai quella torcia sprigiona fumo anche dopo lo spegnimento dell’incendio. Si tratta di un «un disservizio al vapore di diluizione di una delle due torce». La raccolta dei dati dei tefnici Arpav è durata anche nel pomeriggio. Oggi si conosceranno i risultati sulla natura delle sostanze che sono ricadute a terra e che sicuramente la gente ha respirato. Per tutta la giornata sono continuate le operazioni per la messa in sicurezza dell’impianto allo scopo di consentire la riparazione del compressore danneggiato dal fuoco. E’ stato pompato dell’azoto nelle condotte dell’impianto per far uscire tutto il prodotto finito poi in torcia per essere bruciato. La bonifica è durata fino a questa mattina. Infatti l’azoto, usato perchè gas inerte, non è stato pompato ad alta pressione.

Nel pomeriggio dopo aver ricevuto la prima relazione della polizia e dei vigili del fuoco il sostituto procuratore di turno Carlo Mastelloni ha aperto un fascicolo. Prima ipotesi: incendio colposo.

04 luglio 2007 - di Carlo Mion - espresso.repubblica.it

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