Otto ministri inglesi: «Abbiamo fumato cannabis»

Otto ministri inglesi rivelano: «Abbiamo fumato cannabis»


Finora siamo a quota otto. Ma non è detto che col passare delle ore il numero dei componenti del governo inglese che ha deciso di confessare non salga ancora. Non c’entra la corruzione, niente «cash for honours» (come nello scandalo delle onorificenze offerte ai Lord in cambio di denaro), nemmeno rivelazioni a sfondo sessuale alle quali la politica inglese ha ormai abituato i sudditi della Corona. Questa volta di mezzo c’è la cannabis. Droga, insomma, quella che negli anni in cui i politici in questione studiavano nelle più prestigiose università inglesi era tanto in voga fra gli hippies. E pare non solo fra loro.

A ventiquattr’ore dall’annuncio del governo di voler rivedere la legge che tre anni fa ha sostanzialmente depenalizzato il possesso di cannabis, l’esecutivo finisce in un vortice di dichiarazioni che rischiano di sconfinare nell’autogol politico.

Tutto nasce dalla proposta del premier Gordon Brown. Sull’onda dei più recenti studi e dopo la retromarcia del quotidiano della sinistra radicale The Independent - che qualche mese fa ha chiesto scusa in prima pagina ai suoi lettori, ammettendo di avere sbagliato nella sua campagna a favore della depenalizzazione - il primo ministro ha annunciato mercoledì l’intenzione di rivedere la classificazione della cannabis, da droga di classe «C» (insieme con tranquillanti e steroidi) a droga di classe «B», in compagnia di amfetamine e barbiturici. Il provvedimento inasprirebbe così le pene per detenzione, quasi mai applicate dopo la riforma del 2004 (si passerebbe dalla condanna, rarissima, a due anni di carcere, a quella ben più dura di cinque anni).

È a questo punto che la stampa comincia a interpellare sul tema alcuni esponenti del governo. Prima fra tutti, Jacqui Smith, ministro degli Interni, prima donna a occupare questo ruolo. Proprio lei ieri doveva annunciare la formalizzazione del progetto di legge. Candidamente - ma non senza averne prima discusso col suo premier, dice lei - la Smith ha ammesso: «Ho usato la cannabis quando ero all’università. Credo che sia stato sbagliato. Ma non lo faccio più da 25 anni». «Non me ne vanto», ha aggiunto ancora il ministro, negando di avere usato qualsiasi altra droga.


Dopo la prima ammissione, i giornalisti inglesi hanno cominciato a scatenarsi. E così è arrivata la sfilza di nuove confessioni. Nella lista anche molti cavalli di razza, tra cui Ruth Kelly, cattolico devoto e ministro dei Trasporti, John Hutton, ministro del Lavoro e delle Pensioni ma anche il ministro delle Finanze Alistair Darling. In tutto si è arrivati a quota otto.

Le ammissioni di ieri non fanno altro che sommarsi ad altre precedenti, con gli Interni in pole position: l’ex ministro Charles Clarke ha ammesso di averne fatto uso un paio di volte, John Reid, invece, era finito nel 2006 nella bufera per una piccola quantità di cannabis trovata nella sua casa scozzese. Lui aveva negato qualsiasi coinvolgimento. Il più riservato di tutti sulla vicenda si è mostrato finora il leader dell’opposizione David Cameron, il cui partito è tra l’altro favorevole a un inasprimento delle pene. Il capo dei Tory mesi fa era finito su tutti i giornali: avrebbe fumato cannabis quando aveva 15 anni e studiava a Eton e sarebbe persino stato punito dal college per questa ragione. «Penso che sia un principio importante che ai politici venga concesso il diritto ad avere un passato privato», aveva risposto senza negare il leader dei Tory.

L’unica eccezione? Tony Blair: «Facevo così tante cose da ragazzo che non avevo bisogno di prendere droghe». Sarà vero?.


di Gaia Cesare - venerdì 20 luglio 2007 - ilgiornale.it

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