Allman Brothers: «Siamo hippie dai valori antichi»

Ecco le bandiere confederate, il profumo della magnolia mescolato a quello del whiskey fatto in casa... Sapori del profondo Sud degli States che accompagnano la Allman Brothers Band, quella che da oltre quarant’anni incrocia blues, boogie, rock e soprattutto tanta improvvisazione nel cosiddetto «southern rock» e che arriva per la prima volta sabato in Italia per illuminare il Pistoia Blues Festival. Un mito per i cultori, che si nutre di un inesauribile pastiche sonoro fatto di album storici come Eat a Peach, Brothers and Sisters, Win Loose or Draw e incredibili dischi dal vivo. Una leggenda fatta di sesso droga e r’n’r, successo e tragedia come vuole la vita sulla corsia di sorpasso. Duane Allman, il cui immenso talento chitarristico era pari soltanto al suo consumo di droga, morì in un incidente di moto nella sua Georgia nel 1971 e l’anno dopo la stessa sorte capitò al bassista Berry Oakley. Ma la band è un gruppo aperto e Gregg, fratello di Duane, s’è preso sulle spalle gente del calibro di Dicky Betts e Butch Trucks e continua la sua vita on the road in America riempiendo gli stadi (i concerti degli Allman sono sempre tra i primi al botteghino delle vendite in patria). I fan italiani li attendono dagli anni Settanta, quando innovarono il linguaggio rock blues con il colorismo dei loro brani (che duravano anche mezz’ora l’uno) e con i loro atteggiamenti ora provocatori, ora in difesa dei valori tradizionali del Sud.

Il Southern rock non muore mai.

«Sì, ma è una definizione che non mi è mai piaciuta. Il Sud è il luogo più creativo d’America. In Mississippi è nato il country blues; a Tupelo, Tennessee, è nato Elvis; in Louisiana Jerry Lee Lewis. Preferisco definire il nostro stile musica improvvisata che mette insieme gli stili più diversi. I nostri dischi e i nostri concerti sono jam session fatte di blues, jazz, rock e anche country naturalmente, perché i nostri primi idoli erano i “fuorilegge” Johnny Cash e Willie Nelson». Qualcuno vi considera troppo conservatori, come fece Neil Young coi Lynyrd Skynyrd.

«Acqua passata. Abbiamo vissuto da hippie ma siamo molto legati alla cultura della nostra terra, che spesso viene fraintesa. Siamo gente libera, che non si fa condizionare e crede nei valori antichi. Il Sud è considerato spesso retrogrado e troppo conservatore, ma noi non abbiamo paura delle nostre idee e odiamo gli ipocriti».

Come si concilia tutto ciò con droga e vita spericolata?

«Bisogna fare esperienza. All’epoca non si conoscevano i danni cui si andava incontro. Oggi non lo rifarei».

A sessant’anni non è pesante la vita sempre sulla strada?

«No, la strada è la nostra vita. Ci divertiamo. A volte, come per venire in Italia, dobbiamo prendere l’aereo. Ma noi amiamo girare con tre grossi bus, come ai vecchi tempi, un po’ zingari un po’ avventurieri, sempre vicini ai nostri fan».

I membri della band cambiano, ma il suono è sempre lo stesso.

«Ma al tempo stesso sempre diverso. Pezzi degli Allman come Ramblin’ Man e Midnight Rider sono completamente diversi ogni volta che li eseguiamo, cambiano sia armonicamente che ritmicamente, a volte durano anche mezz’ora: questo è ciò che piace al pubblico».

Due show annullati in Italia.

«Vuol dire che verranno solo i veri fan. Abbiamo provato tutto nella vita, ci manca solo il cibo italiano».

di Antonio Lodetti - lunedì 09 luglio 2007 - ilgiornale.it

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