Sylvia Kristel, dall'infanzia violata alla droga

Sylvia Kristel, dall'infanzia violata alla droga: tutti i traumi di Emmanuelle in un'autobiografia

LONDRA (8 luglio) - Sylvia Kristel, il dissolversi di un'icona. Da un'infanzia segnata dallo shock di una violenza sessuale subìta a nove anni, al folgorante lancio nel firmamento dello showbusiness grazie a Emmanuelle, fino all'alcol, al cancro sconfitto pochi anni fa e al ritorno "sulla terra" ad una vita normale, o anche meno, in un modesto appartamentino di Amsterdam. Emmanuelle, certo: che però, a parte l'immensa popolarità, in concreto le fruttò una somma pari ad appena tremila euro. A 55 anni Sylvia Kristel, protagonista del film erotico più famoso di tutti i tempi con all'attivo oltre 650 milioni di spettatori, si racconta senza pudori (molto più difficile che spogliarsi sul set) in un'autobiografia appena uscita a Londra: "Undressing Emmanuelle" (spogliando Emmanuelle).

Violentata a nove anni, abbandonata dal padre a 14. La vita dell'olandesina Sylvia, che sullo schermo ha fatto sognare milioni di persone, è stata in realtà una specie di calvario. A partire dall'infanzia solitaria nella natia Utrecht, dove i genitori - incapaci d'affetto - erano tutti presi nella gestione di un albergo. A nove anni la futura icona del cinema erotico ebbe il primo incontro ravvicinato con il sesso e fu scioccante: un manager dell'albergo gestito dai genitori abusò di lei. Altro grosso trauma a quattordici anni: il padre piantò la madre per un'altra donna, un tradimento che Sylvia non riuscì mai a perdonargli e che la spinse a intraprendere con ancora più grinta la carriera di modella e poi di attrice.

Interpreta Emmanuelle perché il padre la veda. «Volevo - confessa - che mio padre mi guardasse, prendesse atto del mio successo». Reginetta di bellezza, attorniata da frotte di ammiratori, aveva appena vent'anni quando fu scelta per "Emmanuelle". Malgrado le scene molto osè, si decise al gran passo con la benedizione del poeta 44enne Hugo Claus, belga, suo convivente: si era convinta che con la sua «eleganza e distinzione» il film non sarebbe scaduto in pura pornografia e che il regista Just Jaeckin non avrebbe sicuramente girato «nulla di volgare». Tutto andò liscio durante le riprese in Thailandia, anche se oggi non le vanno giù alcune scene in cui Emmanuelle viene trattata come un puro oggetto di consumo erotico e assoggettata anche ad uno stupro di gruppo: «Sul set - ricorda - era come stare in famiglia e lavorare in paradiso. Mi sentivo al sicuro e a mio agio».

Tre matrimoni falliti, alcol, droga, film di serie B. Piantata da Hugo Claus (il poeta belga si era stancato del circo attorno a lei dopo l'incredibile successo di "Emmanuelle", uscito nel 1974), la fascinosa Sylvia va incontro a grosse turbolenze. Incomincia a bere come una spugna, passa da un amante all'altro (nel paniere anche Gerard Depardieu e Warren Beatty) e nel 1975 nasce il suo unico figlio: Arthur, oggi barista in un locale di Amsterdam. Dopo un tempestoso amore con l'attore Ian McShane, durato cinque anni e destinato a naufragare in un gorgo di alcool e cocaina, lascia Hollywood nel 1982 e torna in Olanda con il fegato spappolato dai liquori. Sentendosi «vagamente innamorata» sposa tre anni più tardi un cineasta francese di nome Philip Blot, mentre continua a recitare in film di serie B, spesso con poco o nulla addosso.

I mobili pignorati, il cancro, la solitudine. Poco tempo dopo il matrimonio, si ritrova in casa gli ufficiali giudiziari che le pignorano persino le foto di famiglia a causa dei colossali debiti fatti per mantenere un alto livello di vita, con limousine e chaffeur. Le disgrazie si accaniscono anche quando la fine della giovinezza non le permette più di cimentarsi con ruoli tipo Emmanuelle: tre anni fa si ritrova con un cancro alla gola che si propaga ai polmoni e le muore l'ultimo compagno, un produttore radiofonico belga. Oggi la diva che fece sognare il mondo vive in un modesto appartamentino di Amsterdam. Sul tumore ha avuto - almeno per ora - la meglio, ma a questo punto si considera «un'attrice invecchiata, un'artista in convalescenza e una donna finalmente in grado di mettersi a nudo».

Il film a cui - nel bene e nel male - deve tutto, e che nel 1974 provocò uno scandalo enorme si è intanto trasformato in un piccolo patinato classico dell'erotismo in celluloide. «In confronto alla pornografia di oggi è una specie di "Alice nel paese delle meraviglie" - dice la diva, che adesso vive ad Amsterdam in un modesto appartamentino - Mio figlio Arthur l'ha visto di recente per la prima volta e si è addormentato. L'ha trovato noioso».

08.07.07 - ilmessaggero.it

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