Darfur: da MSF allarme per i campi profughi

Il Presidente internazionale di Medici Senza Frontiere (MSF), Christophe Fournier, appena rientrato dal Darfur, descrive in quest'intervista pubblicata sul sito dell'organizzazione la situazione umanitaria ed esprime le sue preoccupazioni riguardo all'intervento militare e ai corridoi umanitari.

Come descriverebbe l'attuale situazione dei civili in Darfur?

In due settimane ho visitato tre regioni del Darfur e sono rimasto particolarmente colpito dal clima di insicurezza che la popolazione deve affrontare quotidianamente. Anche se le violenze non raggiungono i livelli del 2003 e degli inizi del 2004, i civili continuano a venire uccisi. I due milioni di sfollati che vivono nei campi e negli insediamenti rischiano di essere attaccati non appena si avventurano fuori per cercare legna o acqua e quindi sostanzialmente è come se fossero in prigioni a cielo aperto, e le violenze vengono perpetrate sia all'interno che all'esterno di queste prigioni. Inoltre centinaia di migliaia di persone che non sono riuscite a raggiungere i campi principali sono tagliate fuori dai soccorsi umanitari a causa del perdurare del conflitto.

Questo clima di insicurezza incide anche sulle organizzazioni umanitarie?

Sì, assolutamente, incide anche sugli operatori umanitari. Nel corso dell'ultimo anno abbiamo dovuto ridurre il numero dei nostri progetti perché gli scontri ci hanno costretto ad evacuare o perché abbiamo subito degli attacchi nei nostri “compound” o a causa dell'insicurezza sulle strade. L'unico modo per raggiungere alcune strutture e per gestire le cliniche mobili è l'automobile ma gli attacchi agli operatori umanitari e ai loro veicoli sono sempre più numerosi. L'anno scorso sono stati rubati oltre 100 veicoli di agenzie umanitarie e quest'anno siamo già oltre i 50 veicoli rubati. È un dato molto significativo dal momento che sulle strade ci sono sempre meno organizzazioni umanitarie.

Cosa possiamo dire riguardo allo stato di salute della popolazione? Riceve l'assistenza sanitaria di base?

Negli insediamenti e nei campi sfollati più grandi la gente riceve cibo, acqua, ripari e assistenza sanitaria di base, ma solo grazie alle attività di soccorso senza precedenti per il Darfur. Nelle nostre strutture sanitarie diamo assistenza a circa 500.000 sfollati e i principali problemi riscontrati dal nostro staff medico sono la diarrea e le affezioni respiratorie (soprattutto nei bambini al di sotto dei 5 anni). Nelle località lontane dalle città principali, per le quali MSF ha di recente potuto verificare la situazione sanitaria, continuiamo a riscontrare morbillo, meningite e malnutrizione. Dappertutto la sopravvivenza della gente dipende totalmente dagli aiuti umanitari. Per quanto riguarda le persone che non sono raggiungibili perché sono state sfollate in seguito al conflitto e/o perché non sono in grado di raggiungere le città o i campi, è difficile dare una valutazione. Non abbiamo praticamente accesso a questi gruppi per cui è difficile valutarne lo stato di salute. Ovviamente questa mancanza di informazioni desta molta preoccupazione.

Ci può dare un quadro delle principali attività di MSF in Darfur per far fronte ai bisogni della popolazione?

La presenza sul terreno di altre organizzazioni umanitarie (in Darfur sono presenti oltre 80 organizzazioni e circa 13.000 operatori umanitari) ha consentito a MSF di concentrarsi quasi esclusivamente sulle attività mediche. Questi progetti costituiscono attualmente la più vasta operazione di MSF a livello mondiale. Quasi 2000 operatori di MSF forniscono assistenza sanitaria di base nelle città e nei campi sfollati utilizzando anche le cliniche mobili per raggiungere le popolazioni più isolate. In vari ospedali di riferimento, i team medici di MSF svolgono anche attività di medicina d'urgenza, prestazioni chirurgiche per i casi più gravi e servizi sanitari specifici per le vittime di violenza sessuale.

Quali sono oggi le principali sfide per MSF in Darfur?

Oggi la sfida principale è quella di raggiungere le persone che vivono in aree prive di aiuti: località che abbiamo dovuto evacuare per i continui combattimenti e altre località esterne ai campi. Sappiamo che ci sono popolazioni sparse nella regione che sono totalmente prive di qualsiasi assistenza umanitaria. Raggiungere questa gente resta il nostro obiettivo principale.

Da varie parti si richiede un intervento militare per facilitare una soluzione del conflitto. Lei cosa ne pensa?

Dobbiamo essere estremamente chiari: MSF è un'organizzazione umanitaria. Noi siamo in Darfur per portare i soccorsi umanitari e non per trovare una soluzione al conflitto. Noi siamo sempre preoccupati quando veniamo a sapere che le altre organizzazioni umanitarie richiedono un intervento militare. Per lavorare nelle zone di conflitto è essenziale che le organizzazioni umanitarie restino neutrali e indipendenti. Il fatto di venire percepiti come un'organizzazione che sostiene una parte piuttosto che un'altra mette a repentaglio la sicurezza dei nostri team e limita il nostro accesso a determinate aree e popolazioni.

Quanto invece alle altre soluzioni proposte – come ad esempio i corridoi umanitari scortati da militari – devo dire che sembrano essere il risultato di un'analisi estremamente semplicistica della situazione. Dopo la firma del trattato di pace del Darfur nel maggio 2006, abbiamo assistito a una frammentazione delle parti armate con decine di gruppi coinvolti nel conflitto. Fazioni che prima avevano il controllo di alcune aree ora non hanno più il controllo sulla popolazione mentre in altre aree si sono verificati nuovi scontri tra fazioni diverse. La situazione è resa ancora più grave dal diffuso fenomeno del banditismo. La situazione è molto complessa e qualsiasi soluzione semplicistica è discutibile.

Qual è la sua opinione in merito alla proposta di corridoi umanitari protetti dall'esercito?

Si tratta di una situazione estremamente complessa nella quale la violenza è assai diffusa e perpetrata a vari livelli, in una regione grande come la Francia. In un contesto come questo non mi sembra realistico parlare di corridoi umanitari. In realtà un corridoio umanitario vuol dire una serie di convogli di veicoli e generi umanitari che vengono scortati da soldati. In Darfur, se si utilizza una scorta armata o l'esercito, si viene percepiti, da alcune delle parti in guerra, come dei nemici e quindi si perdono la neutralità e l'indipendenza necessarie per accedere alle popolazioni che hanno bisogno di aiuto. Noi abbiamo già delle difficoltà nel raggiungere alcune aree e alcuni gruppi di persone. Per superare queste difficoltà noi dialoghiamo con tutte le parti in causa in modo da far capire loro chi siamo, cosa facciamo, chi vogliamo aiutare e quanto siamo neutrali e indipendenti. I corridoi umanitari potrebbero compromettere tutto questo e fare ben poco per aiutarci a raggiungere coloro che hanno più bisogno di aiuto: le popolazioni disseminate nelle aree esterne ai campi e alle città. Portare aiuti a questa gente resta il nostro obiettivo principale.

Fonte: Medici Senza Frontiere - 02-07-2007

Nessun commento:

Basta guerre nel mondo!