Le vittime civili scuotono il summit di Roma

L'Onu: «Troppi morti in Afghanistan». L'ambasciatore Usa Khalilzad: «I talebani usano scudi umani»

ROMA — Quanto può essere facile corrompere un giudice in un Paese nel quale i magistrati guadagnano l'equivalente di 70 dollari al mese, ossia poco più di 50 euro? Come si fa a processare un delinquente in una zona priva di palazzi di giustizia? Fino a quale punto può essere accettata la sharia, la legge islamica, nel diritto di uno Stato che si regge grazie a forze militari per lo più occidentali su mandato dell'Onu? Basterebbero domande come queste, di fatto all'ordine del giorno della conferenza internazionale sulla giustizia in Afghanistan cominciata ieri a Roma, per dare l'idea di un'impresa molto complicata, se non ai limiti dell'impossibile. Ma le difficoltà sono ancora di più.

Mentre i diplomatici e i tecnici accolti dal sottosegretario Gianni Vernetti discutevano alla Farnesina dell'eterna emergenza afghana sotto il profilo giuridico, strascichi di cattive notizie hanno sovrastato ancora una volta gli sforzi per la ricostruzione del Paese dominato fino al 2001 dai talebani. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon non ha ritenuto di dover tacere dopo che tra venerdì e sabato, nell'Helmand, un bombardamento della Nato ha ucciso, secondo le autorità locali, 45 cittadini inermi e non soltanto 62 talebani. Prima di raggiungere Roma, il coreano che ha preso il posto di Kofi Annan si è definito «molto preoccupato e amareggiato per la continua violenza e in particolare per le vittime civili ».

È da almeno un anno che il presidente afghano Hamid Karzai, alla testa del suo Paese innanzitutto perché uomo dell'etnia pashtun gradito agli Stati Uniti, chiede alle forze internazionali di non colpire per sbaglio gente inoffensiva. Ieri Karzai è stato da Giorgio Napolitano e da Romano Prodi. Oggi il presidente del Consiglio interverrà alla conferenza con Ban Ki-moon, il ministro degli Esteri Massimo D'Alema e Karzai. Tra le 26 delegazioni in platea il livello dei partecipanti è più basso rispetto a quanto sperato in origine, prima che venisse incarcerato per tre mesi Rahmatullah Hanefi, impiegato da Emergency come mediatore con i rapitori di Daniele Mastrogiacomo e poi tenuto in cella a lungo in Afghanistan senza avvocato né imputazione.

A Roma ci sono, sì, il segretario generale della Nato Jaap De Hoop Scheffer, la commissaria europea Benita Ferrero Waldner, il ministro degli Esteri portoghese Luis Amado. Ma la Gran Bretagna ha mandato il suo ambasciatore a Kabul, la Francia un direttore del ministero degli Esteri, la Germania un sottosegretario, gli Usa il segretario di Stato aggiunto Richard A. Boucher e l'ambasciatore all'Onu Zalmay Khalilzad. Quest'ultimo, nato in Afghanistan, ha pronunciato parole destinate a non raccogliere troppi applausi da quanti sono inquieti a causa delle vittime inermi. «È molto sfortunato che nelle operazioni militari talvolta si trovino in mezzo civili », ha detto Khalilzad accusando i talebani di usare «i civili come scudi». La sua tesi: «La guerra non è una scienza perfetta», i militari americani «fanno del loro meglio» per risparmiare i secondi.

Il Consiglio supremo di Difesa italiano, presieduto da Napolitano, ha sostenuto che occorre «migliorare» la «coerenza tra azioni e obiettivi sul terreno» per mantenere «il giusto equilibrio» tra «esigenze di sicurezza» e «consolidamento delle istituzioni democratiche». Come a dire: se ci rimettono i civili, altro che consenso, si ricava l'opposto.

A Prodi, in segno di ottimismo, Karzai ha citato il caso di un magistrato afghano che ha messo in galera un «signore della guerra» benché questo gli avesse offerto 500 mila dollari. Per aumentare gli stipendi dei magistrati e costruire cittadelle giudiziarie, l'Italia oggi annuncerà lo stanziamento di altri 13 milioni e mezzo di euro. Negli ultimi sei anni, per la ricostruzione civile in Afghanistan il nostro Paese ne ha stanziati 257 milioni. I frutti non sono esaltanti. Secondo chi se ne occupa, un'alternativa non c'è.

Maurizio Caprara - 03 luglio 2007 - fonte

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