Diabete mellito: nuove speranze

Nuovi farmaci e nuove speranze per il diabete mellito


I nuovi farmaci che agiscono agonizzando il GPL-1 come exenatide e
liraglutide o inibendo la sua degradazione ad opera della dipeptidil peptidasi-4
, come sitagliptin e vildagliptin, rappresentano una prospettiva per cambiare la
storia naturale della malattia.



la storia naturale del diabete mellito



Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia progressiva, in cui le glicemie e
l’emoglobina glicata tendono ad aumentare (mediamente) nel tempo, nonostante i
trattamenti farmacologici, soprattutto a causa di un progressivo, inesorabile
deterioramento della funzione β-cellulare.



Gli elementi fondamentali nella genesi del diabete mellito tipo II sono
rappresentati da:



L’obesità correlata all’incremento dell’introduzione di nutrienti ed alla
scarsa attività fisica.

La resistenza all’azione insulinica

La minore possibilità delle Beta Cellule a tollerare una prolungata richiesta
di fabbisogno insulinico.




Questi tre fattori sono tra loro intrecciati a creare le condizioni per la
comparsa clinica e la progressione della malattia.



la disfunzione beta cellulare



La beta cellula risponde alla sollecitazione della richiesta con l’aumento della
massa cellulare dell’insula.



Gli stimoli alla crescita della massa cellulare, per la probabile neogenesi di
nuove cellule da quelle duttali, o per proliferazione dalle beta cellule
esistenti, sono rappresentati in primo luogo dai nutrienti, poi anche da fattori
di crescita (IGF) e dagli aumenti dei livelli delle incretine.(vedi sotto)



La progressiva perdita di capacità compensatoria della beta cellula è
determinata da un’altrettanto progressiva riduzione della massa cellulare,
secondaria a morte cellulare per apoptosi.



Il primum movens di tale processo è correlato all’incremento di produzione di
Radicali Liberi dell’Ossigeno (ROS), secondario all’aumentato metabolismo.



In tali condizioni, ed in presenza di bassi livelli di adiponectina, come accade
nelle situazioni d’incrementata adiposità viscerale, anche la possibilità della
lipo-ossidazione si riduce, con conseguente incremento di trigliceridi e acidi
grassi (TG e FFA), di cui alcuni particolarmente nocivi (Ceramide) derivati da
grassi saturi, steatosi e lipoapoptosi.



Altri fattori tossici che compartecipano poi alla progressione del danno della
betacellula, sono rappresentati dallo stress del Reticolo Endotelio plasmatici e
l’accumulo di amiloide insulare.



le incretine



L’infusione endovena di glucosio determina reazioni diverse rispetto
all’ingestione di glucosio sulla secrezione di insulina e di glucagone.



Questo diverso comportamento è principalmente dovuto all’azione delle incretine
(GLP-1 e GIP).



Il Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1) ed il Glucose-dependent Insulinotropic
Peptide (GIP)
che vengono prodotti a livello intestinale nella fase
post-prandiale precoce, stimolano la secrezione insulinica, per azione diretta
sulle cellule β pancreatiche, in condizioni di elevati livelli di glicemia.



L’azione di questi due ormoni contribuisce in maniera rilevante, in condizioni
fisiologiche, alla secrezione insulinica in fase post-prandiale precoce, che è
deficitaria nel diabete di tipo 2, al blocco di quella del glucagone ed al
rallentamento della motilità gastroenterica, meccanismi tramite cui si esplica
un miglior controllo glicemico.



Il GPL-1 aumenta inoltre la contrattilità delle miocellule cardiache per azione
metabolica diretta e per il miglioramento della funzione endoteliale.

L’effetto favorevole sulla frazione d’eiezione si evidenzia particolarmente sul
miocardio ischemico.



Inoltre, sia il GLP-1 sia il GIP hanno importanti azioni trofiche a livello
insulare: favoriscono la proliferazione e la differenziazione in senso β
-cellulare di precursori indifferenziati nei dotti pancreatici ed esercitano
azioni anti-apoptotiche sulle β -cellule.



Ma il GPL-1 sembra agire anche a livello del sistema nervoso centrale giacché,
essendo secreto da nuclei sottotentoriali, induce senso di sazietà ed anoressia
selettiva verso alcuni cibi, contribuendo così al miglior controllo metabolico
tramite la riduzione della fame ed il controllo del peso.



la dipeptidil peptidasi-4



Tali azioni mediate dal GLP-1 avvengono nonostante l’emivita del peptide sia
molto breve poiché viene rapidamente catabolizzato dalla dipeptidil
peptidasi-4 (DPP-4)
, un enzima ampiamente espresso nel nostro organismo,
presente nel plasma ed alla superficie delle cellule endoteliali.



Questo enzima catalizza l’inattivazione di vari ormoni e neurotrasmettitori
peptidici.



E’ difficile ipotizzare che, con una così breve emivita, il GLP-1 esplichi i
suoi effetti solo tramite uno stimolo recettoriale: è possibile esista un
meccanismo intermedio tramite cui l’ormone agisce a distanza, ad esempio sulle
beta cellule pancreatiche.



E’ stato dimostrato che i livelli post-prandiali di GLP-1 sono ridotti nel
diabete di tipo 2 per un deficit secretivo e tale fenomeno è presente sin dalle
fasi più precoci della storia naturale della malattia.



Nei pazienti con scompenso glicometabolico, l’esposizione all’iperglicemia
cronica induce un aumento dell’espressione e dell’attività della DPP-4; con
aumento della degradazione del GLP-1 che può contribuire alla riduzione delle
concentrazioni circolanti dell’ormone attivo.



nuovi farmaci e nuove speranze



Nessuno dei farmaci esistenti si è dimostrato capace di arrestare l’evoluzione
naturale del diabete di tipo 2 ed alcuni (come le sulfaniluree) potrebbero
addirittura accelerarla.



Mancano farmaci che modifichino la storia naturale della malattia, preservando
od addirittura recuperando la funzione β –cellulare. Sulla base di queste
conoscenze scientifiche sono stati sviluppati due tipi di farmaci:



gli analoghi del GPL-1, ovvero molecole che attivano il suo recettore



gli inibitori della DPP IV che prolungano l’emivita della molecola
endogena.



Per quanto riguarda il GIP, nei pazienti diabetici di tipo 2, le concentrazioni
dell’ormone sono normali, ma gli effetti biologici sono ridotti per una sorta di
parziale resistenza al GIP, per cui occorrono concentrazioni più elevate
dell’ormone per ottenere gli stessi effetti.



gli analoghi del GLP-1



Il GLP-1, come tale, non è utilizzabile in terapia, perché viene rapidamente
degradato dalla DPP-4; la sua emivita è di pochi minuti. Sono stati sviluppati,
pertanto, degli analoghi del GLP-1 con durata d’azione di 6-8 ore, come l’exenatide
e liraglutide, che possono essere impiegati nel trattamento del diabete di tipo
2.



Il principale svantaggio di queste molecole, che hanno struttura polipeptidica,
è che devono essere somministrate per via iniettiva (sottocutanea), una o due
volte al giorno a dosi sovrafisiologiche di svariati ordini di grandezza
rispetto ai livelli fisiologici di GPL-1.



Poiché il GLP-1 rallenta lo svuotamento gastrico, i suoi analoghi , che
raggiungono concentrazioni molto al di sopra di quelle fisiologiche, provocano
nausea e vomito in una proporzione rilevante di pazienti e possono indurre una
diminuzione del peso corporeo.



Sono allo studio formulazioni ritardo che potrebbero consentire la
somministrazione di una singola dose sottocute di farmaco ogni 2 settimane.



Sono stati sviluppati farmaci orali che, somministrati una volta al giorno,
inibiscono in maniera stabile l’attività dellaDPP-4, determinando un aumento
delle concentrazioni circolanti di GLP-1 e di GIP attivi a livelli di 2-3 volte
superiori rispetto ai livelli fisiologici.



Il trattamento con inibitori della DPP-4, quali sitagliptin e vildagliptin,
riduce sia la glicemia a digiuno che, in maniera ancora più marcata, quella
post-prandiale. Tuttavia questo effetto avviene solo se è presente ipoglicemia
pertanto il rischio di ipoglicemie è molto basso con questi farmaci.



gli inibitori della DPP-4



Gli studi clinici dimostrano che gli inibitori della DPP-4 riducono l’emoglobina
glicata sia in monoterapia che in combinazione con metformina o tiazolidinedioni
con un’intensità comparabile a quella delle sulfaniluree, anche se l’effetto
ipoglicemizzante è più lento manifestandosi in maniera completa solo dopo
qualche settimana di trattamento.



Il profilo di tollerabilità di questi farmaci appare buono, poiché non inducono
aumento di peso (ma non lo riducono, al contrario degli analoghi del GPL-1), non
provocano ipoglicemia, non determinano ritenzione idrica, e non si accompagnano
ad effetti collaterali gastrointestinali in virtù del relativamente modesto
incremento dei livelli di GLP-1 che essi determinano.



Una preoccupazione teorica potrebbe derivare dal fatto che l’inibizione della
DPP IV non è selettiva e che dunque potrebbero insorgere interferenze sulla
funzione di alcuni step della risposta immunologia legata all’attivazione delle
cellue T in cui è implicata la DPP IV, ma, fino ad ora, nessun elemento clinico
ha avvalorato questa preoccupazione speculativa.



Un aspetto interessante, dimostrato per ora soltanto in modelli animali di
diabete, è che il ristoro della secrezione del GPL-1 preserva la massa β
-cellulare a lungo termine. Questi dati fanno sperare che questi nuovi farmaci
possano ostacolare efficacemente la naturale progressione del diabete di tipo 2,
ma ciò deve essere dimostrato ancora nell’uomo.



In conclusione i farmaci che agiscono sul GLP-1 sono assai interessanti per le
prospettive di arresto della progressione della disfuzione betacellulare e
dunque per un possibile ruolo nel modificare la storia naturale del diabete,
viste anche le perplessità evidenziatesi con i glitazoni.



Sono necessari tuttavia ampi studi di lunga durata e su end points forti per
comprendere l'effettivo ruolo che questi nuovi farmaci potranno avere nella
terapia del diabete mellito nella pratica clinica allargata.



Luca Puccetti - 13.07.07 - pillole.org

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