Stragi: «Serve un nuovo reato»

Sangue sull’asfalto e alcol nel sangue di chi si mette alla guida, provocando spaventosi incidenti. La cronaca rilancia gli ultimi casi, nella loro drammaticità. E lo fa da un capo all’altro del Paese. Tanto, che l’opinione pubblica, scossa, chiede più rigore. «Urge una riflessione politica sulla norma penale, che prevede i reati di lesioni e omicidio colposo, quando vi sia la violazione del codice della strada». Ad assicurarlo, rompendo il tradizionale riserbo che ne ha contraddistinto l’intera carriera, è Salvatore Cappelleri, da due anni presidente del Tribunale di Crema e da trenta in magistratura. «Le attuali disposizioni di legge vengono percepite come inadeguate», ammette.

«E anche da noi si sono verificati casi gravi». Non cerca eufemismi e soprattutto non si nasconde di fronte a un sentimento che cresce all’indomani di ogni tragedia. Lo definisce un «semplice spunto di riflessione» e premette che compete solo al legislatore «farsi carico del sentire comune». Ma il fatto che Cappelleri accetti di rispondere su un argomento tanto spinoso, denota l’aura di aspettative che si è creata attorno al tema delle cosiddette «stragi». Sul tavolo della discussione lancia un termine che reca in sè una possibile risposta: «Tipicizzare questi reati». E tradotto dal dizionario di chi mastica di diritto, la ricetta suggerita dal magistrato si concretizza nella creazione di un’apposita norma, che preveda e punisca l’omicidio provocato da chi si pone alla guida sotto l’effetto di alcol o stupefacenti. Perchè allo stato attuale, l’articolo di legge che porta alla condanna di chi cagiona un incidente mortale è unico. E l’essersi messo al volante ubriachi rappresenta solo un’aggravante; insomma: una ‘sfumatura’ che può essere cancellata, concedendo le attenuanti generiche, un beneficio spesso correlato al semplice risarcimento del danno. E così può accadere che chi ha provocato la morte per un istante di distrazione, condito dalla fatalità, venga giudicato con pene di poco inferiori a chi ha innescato carambole dovute a velocità folli e abuso di bevande alcoliche. Attualmente, il tetto massimo della sanzione è fissato in cinque anni di carcere. E ben difficilmente un pubblico ministero chiede la custodia cautelare. Il perchè è presto spiegato: difficile che ne sussistano i requisiti, che vanno dal rischio che la condotta venga reiterata, all’inquinamento delle prove. Senza considerare la fuga, che si traduce in un’ipotesi remota, soprattutto per chi non varcherà mai le porte di un carcere. Impotenti? Il numero uno delle toghe cremasche non è di quest’avviso: «Le mie sono riflessioni che si basano su dati oggettivi, non sull’emotività del momento». «Ma è pur vero — aggiunge — che un analogo percorso è stato seguito qualche anno fa per il reato di furto: distinguendo e punendo con pene più severe l’incursione in un’abitazione e lo scippo».

14.07.07 - di Cristiano Mariani - laprovinciadicremona.it

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