Droga, indagato il cantante Grignani

La frase per la dose al barista: dammi le chiavi del Paradiso


CREMA — «Destinazione Paradiso » qui non era una canzone ma un cesso con le piastrelle bianche nel cortile di una vecchia casa, accanto al «Caffè convento», nel centro di Crema. Gli avventori arrivavano, ritiravano la loro dose di cocaina e chiedevano al barista: «Dammi le chiavi del paradiso». Dove il paradiso era appunto il bagno, fuori dal locale, che serviva per farsi la «pista». Subito dopo la noia del sabato sera di provincia, in quel bar senza pretese con i tavolini fuori, sotto le antiche mura, si trasformava in una eccitante movida. Otto persone sono finite in carcere ieri per un giro di cocaina da 400 mila euro al mese (prezzo all'ingrosso) e nell'inchiesta è indagato anche il cantautore Gianluca Grignani. Un faldone con centinaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e otto mesi di indagini, hanno convinto il procuratore Benito Melchionna a chiedere gli ordini di custodia cautelare con l'accusa di spaccio, che sono stati eseguiti ieri all'alba.

Tutti gli arrestati — tra cui un albanese e un marocchino — sono incensurati, hanno un lavoro e una vita regolare. L'inchiesta, denominata ovviamente «Operazione Paradiso » (ma ogni riferimento alla canzone più famosa di Grignani è puramente casuale), era partita nell'autunno scorso quando gli agenti della polizia di Stato di Crema avevano messo gli occhi su un giro di coca che ruotava intorno al «Caffè convento» e, alla fine, tre persone erano state arrestate: il titolare del bar, Ivan Mari, 40 anni, e due avventori, Gianluca Roversi e Roberto Piazza, di 34. Il Tribunale della libertà li aveva però scarcerati pochi giorni dopo, ma gli investigatori non si erano dati per vinti e proprio seguendo le mosse del terzetto sono arrivati ieri a tirare le somme; i tre sono tornati in carcere con altre cinque persone: Alessio Dominoni, 40 anni, Francesco Annarumma e Maurizio Bernardi di 37, Ergon Shabani, 23, e Abdellah Hssaine, 47. Grignani, la cui moglie era sino a poco tempo fa comproprietaria del bar, faceva parte — secondo l'accusa — di quel centinaio di clienti (tra cui anche un campione di ciclismo) che si rifornivano nel bar, ma aveva un trattamento speciale. Dall'hinterland di Milano (dove abita) telefonava a Mari e chiedeva: «Chiama la gallina».

L'altro rispondeva: «Ti faccio trovare un panino, ma solo per te». Ed ecco servita la dose di coca, il cui prezzo era per tutti intorno ai cinquanta euro. Ma, sempre secondo gli investigatori, a volte Grignani di dosi ne comprava più di una, per cederla poi ad amici, con cui la consumava. Studenti, professionisti, casalinghe, insegnanti: in questo giro dello sballo del sabato sera c'erano persone di tutti i tipi, che arrivavano a «bruciare» complessivamente due chili di «neve» in un mese. La droga proveniva direttamente dall'Est ed era acquistata in piccole quantità, ora da uno, ora dall'altro degli otto arrestati, che poi se la passavano tra di loro. Nelle telefonate spiate dalla polizia a poco serviva il linguaggio «cifrato »: «Vieni a prendere la pasta», «Portami cinque uova», «Sono arrivate le racchette?», «Quante palline da tennis hai comprato?». E oltre al «Caffè convento» (ora ceduto), c'era un secondo posto dove «tirare» in santa pace: l'altro locale di Mari, il «Briciola pub» di Sergnano, a pochi chilometri da Crema. Nella cantina invece del vino scorrevano fiumi di polvere bianca.


Luigi Corvi - 21 luglio 2007 - corriere.it

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