La noia non si combatte con l'alcol

Salve,

sono una donna di 50 anni, casalinga, ho un marito che lavora fino alle 8 di sera. Ormai i figli sono grandi e mi sento spesso sola, annichilita, triste. Nel passato sono stata iperprotettiva: aiutavo i miei figli nello studio, arrabbiandomi pure, ora il mio unico passatempo è - oltre a fare la spesa e andare in chiesa a pregare per la mia famiglia - stare in casa a vedere la tv.

Come posso fare per non sentirmi più così? Per non annoiarmi ho bevuto alcol, ma non è la soluzione alla noia. Cosa mi consiglia?

Salve a lei,

nelle sue poche righe ho trovato molti aspetti di cui parlare. Innanzitutto l'alcol. No, non è la soluzione alla noia, non lo è mai stato e neanche potrà mai esserlo. Magari, preso a piccole dosi mentre si mangia in compagnia o ad una festa o all'aperitivo, un po' di alcol qualcosa fa, ma il merito è più della compagnia, o della festa o del fatto che abbiamo un po' di tempo per fare due chiacchiere.

E non mi sembra il suo caso.. Questo mi riporta ad un'altra domanda: ma qual è, in realtà, il suo caso? Lei dice che si sente "sola, annichilita e triste" e non sono delle belle sensazioni, ma dice anche che ha un marito che lavora (e di questi tempi non è poco), che lei ha dedicato molto tempo alla cura dei suoi figli e che, grazie anche alle sue cure, questi ora sono grandi: questa dovrebbe essere una bella soddisfazione.

Ma leggo anche che, oltre a fare la spesa ed andare in chiesa (questo dovrebbe dare una certa serenità), lei passa tanto tempo davanti alla televisione e questo, a seconda dei programmi che segue, potrebbe essere d'aiuto, oppure no. Alla fine però quello che mi risuona dentro è un grande senso di vuoto, come se lei non sentisse più alcuna motivazione a fare, a impegnarsi e avesse perso il senso della vita.

Come se non trovasse più, dentro di sé, quella tensione che ci fa sentire vivi. E in questo "niente" anche io sarei pronto a fare qualsiasi cosa per non sentirmi più "così", anche se non saprei neanche io come definire questo "così".

Lei termina le sue poche righe chiedendo un consiglio e io, a parte la condivisione del suo senso di vuoto, mi accorgo che di lei e della sua vita non so abbastanza per poter dire qualcosa di specifico. Ma sono rimasto colpito da una cosa: lei esordisce dicendo "sono una donna di 50 anni" e racconta la sua vita in poco più di cinque righe. Ecco, partendo da questo un consiglio "buono" lo avrei: mi scriva la sua storia in almeno 50 righe.Credo che, in qualsiasi vita, un anno si meriti almeno una riga di commento. 50 anni e 50 righe mi sembrano il minimo, se poi ci prende gusto arrivi anche a 100, ma non di più, la prego, sennò poi potrei essere io ad avere qualche problema, di tempo, per risponderle.Non scherzo. Non si scherza mai su queste cose. Aspetto la sua storia.


Marco Ventura - 20.07.07 - mentelocale.it

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